Oggi voglio affrontare un tema sempre attuale, che divide le opinioni delle persone
Il tema del talento.
Ovviamente ne parlo in ottica sportiva, ma il discorso può benissimo essere traslato a qualsiasi altro ambito della vita
La domanda che da sempre attanaglia l’uomo è se esiste il talento, e quanto questo possa essere decisivo nel costruire un campione
Declinata in modo differente, un campione è tale perché talentuoso? Può una persona che non ha quel dono riuscire lo stesso ad arrivare a competere a livelli alti? E soprattutto, può ambire al ruolo di numero 1, o rimarrà sempre l’eterno numero 2?
Insomma, la pratica batte il talento oppure no?
Oggigiorno va molto di moda il pensiero secondo cui la pratica batta il talento, quando questo non dedichi lo stesso grado di impegno
Personalmente, credo che la verità, come sempre, stia nel mezzo.
È innegabile che avere una predisposizione sia un vantaggio enorme. Ma facciamo un passo indietro
Che cosa si intende per “talento”?
Nel mio libro Cross Cardio: l’origine, ti ho raccontato di quando da ragazzino giocavo a calcio in Brasile
A proposito, hai letto il mio libro, non è vero?
Se non lo hai fatto non ti preoccupare, sto per pubblicare la versione aggiornata ed ampliata, per cui stay tuned!!
Comunque dicevo, da ragazzino giocavo a calcio come moltissimi altri bambini brasiliani
Nel mondo del calcio il talento è considerato avere “el pibe de oro”, il piede fatato. Gente come Pelè, Maradona, personaggi che sembravano fatati. Uomini che con la palla in mano sembra possano compiere miracoli, facendo sembrare gli altri giocatori dei principianti alla prima esperienza in campo
Io mi allenavo moltissimo, perché come per tutti i bambini il calcio era sia una passione che un modo per giocare con gli altri all’aria aperta. Ero anche molto bravo, senza falsa modestia, e riuscivo sempre a giocare da titolare. Tuttavia, non avevo quel “piede fatato” che altri avevano, pur giocando spalla a spalla con loro
E qui c’è la chiave del discorso, nonché la mia visione del talento
La mia abilità non era tanto nel calciare il pallone, quanto nella visione del gioco. Mi piaceva giocare da regista, coordinando le azioni e i miei compagni di squadra. Costruivo le azioni in modo tale da dare la palla a chi sapeva segnare, e portare a casa il risultato
E quindi ti porgo questa provocazione: secondo te ero un giocatore di talento?
La risposta sta in una citazione di Einstein sul genio, che diceva:
“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la vita a credere di essere stupido”
Trasponendo questo concetto al talento, il significato è che ognuno ha una capacità particolare. Certo, ricercare in me il piede da campione, e valutarmi in quest’ottica, mi farebbe passare come un giocatore mediocre. Se avessi avuto un allenatore che mi avesse forzato a calciare, sicuramente sarei rimasto in panchina tutte le partite. Ma messo nel mio ruolo, ero molto bravo
Sport come il calcio, o in generale gli sport di situazione, hanno il grosso vantaggio di permettere alle persone di potersi esprimere ed eccellere grazie alle loro caratteristiche personali
Segui bene questo ragionamento perché sto per arrivare ad un punto fondamentale
C’è chi ha il talento dei polmoni e gioca da mediano, c’è chi ha il piede e gioca da punta, chi ha le gambe e gioca come ala
E poi, c’è chi ha un altro talento, ed è la testa. La classica mentalità del campione, della persona che si allena, che fa di tutto pur di arrivare a vivere il suo sogno
Di solito non è quello talentoso, ma la provocazione che ti voglio fare è proprio questa: non è talento anche la mentalità? E addirittura, non è il talento più grande?
Se guardi i campioni più forti di oggi, di qualsiasi sport, hanno una caratteristica cin comune. Quella di allenarsi più di tutti gli altri.
Mike Tyson si alzava alle 4 del mattino per allenarsi, Kobe Briant non abbandonava il campo fino a che non aveva segnato mille canestri (segnato, non tentato), Cristiano Ronaldo era famoso per essere il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo ad andarsene
Coincidenze? Io non credo.
Sono queste caratteristiche di abnegazione ad averli resi dei fenomeni, e non viceversa.
Poi, come detto, dipende sempre anche dall’ambito di applicazione. Ci sono sport come l’atletica leggera, soprattutto in discipline “pure” come i 100m, in cui l’unica cosa che conta è essere veloci. La velocità è allenabile ma entro certi limiti, per cui un giamaicano alto 2 metri e con l’esplosività innata vincerà sempre contro un italiano alto un metro e sessanta con una percentuale di fibre bianche sfavorevole, per quanto quest’ultimo si possa allenare.
Ma detto questo, a parità di condizioni o anche leggera inferiorità, sicuramente l’allenamento la fa da padrona
Oltre a tutto il discorso legato all’aspetto mentale della competizione, che da solo può sovvertire ogni pronostico
Insomma, questo per darti un quadro d’insieme riguardo quello che penso del talento e dell’allenamento, ma soprattutto voglio lasciarti con uno spunto di riflessione: nel tuo campo, che può essere anche il lavoro e non lo sport, analizza le caratteristiche che servono per eccellere e chiediti: sono innate come la velocità del centometrista, o le posso allenare?
Jairo
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